Vivono di più, vivono meglio, grazie ai progressi della medicina, che nell'ultimo quarto di secolo ha rivoluzionato le cure dei nati pretermine.
Quella di Giovanna è stata una gravidanza tranquilla fino al sesto mese. Qualche nausea, un po' di stanchezza, sonnolenza, i primi calci nella pancia. Tutto scorre sereno fino a quando un giorno, alla 24a settimana, Giovanna ha un'emorragia improvvisa. Di corsa corre in ospedale, al Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma.
Le perdite di sangue si fermano, ma i medici scoprono che Giovanna ha una epatosi e viene ricoverata d'urgenza. “Cominciarono così due lunghi mesi di dolore e paura: mi venne presto diagnosticata una brutta forma di preeclampsia e l'unica soluzione, per evitare la sofferenza del feto e non peggiorare la mia situazione, era quella di far nascere il bambino”, racconta la donna. Francesco viene così al mondo nel 2003, dopo un parto cesareo complicato. Troppo presto: ha appena 30 settimane, pesa poco più di un chilogrammo e gli organi, a partire dai polmoni, non sono ancora completamente sviluppati.
“Francesco ha avuto alcune complicanze legate alla prematurità: retinopatia agli occhi, distress respiratorio e diverse infezioni per cui è stata necessaria una terapia antibiotica. Sono stati giorni a dir poco critici, specie le prime due settimane, soprattutto perché mio figlio è stato subito intubato, non riuscendo a respirare da solo”, ricorda Giovanna.
"Oggi sappiamo che intubare un neonato pretermine in sala parto e cominciare da subito la ventilazione meccanica, non è una strategia adatta per tutti i bambini, e, soprattutto, non senza conseguenze. Ma fino a qualche anno fa questa era la prassi”, racconta Giovanni Vento, responsabile del reparto di Terapia Intensiva Neonatale del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma. “L'intubazione tracheale, infatti, è una tecnica altamente invasiva, che può danneggiare i polmoni delicatissimi e fragili dei piccoli ed esporli a un alto rischio di infezioni. Quando un neonato nasce dobbiamo favorire nel miglior modo possibile la transizione feto-neonatale, a livello respiratorio significa agevolare la sostituzione del liquido nei polmoni con l'aria”, spiega il prof. Vento. “
Una transizione che oggi viene gestita anche con manovre meno invasive che facilitano il riassorbimento del liquido polmonare, come l'insufflazione polmonare sostenuta (sustained lung inflation) e l’uso precoce della pressione positiva continua per via nasale (nasal Continuous Positive Airway Pressure, nCPAP), che possono scongiurare il bisogno di intubazione preservando la funzione polmonare.”
“Ma il grande passo avanti nel trattamento della prematurità è stato raggiunto soprattutto con l’uso più esteso degli steroidi prenatali e con l'arrivo dei surfattanti. Nel caso di Francesco, il trattamento con surfattante ha aiutato i suoi piccoli polmoni ad aprirsi, e in questi anni, anche quelli di altri milioni di neonati nel mondo, contribuendo a migliorare la sopravvivenza dei nati pretermine, specie dei piccolissimi, quelli venuti al mondo prima della 28a settimana. Quindici anni fa la sopravvivenza di questi neonati era inferiore al 70%, ora supera l'80%”, ricorda il prof. Vento, “e oggi abbiamo la possibilità di far sopravvivere bimbi nati alla 23a settimana, che pesano appena 400-500 grammi”.
Merito del progresso in medicina ed, in particolare, della ricerca in ambito neonatale che si è focalizzata per trovare soluzioni sempre più adatte ai bambini, sempre più personalizzate.
"Oggi sappiamo che intubare un neonato pretermine in sala parto e cominciare da subito la ventilazione meccanica, non è una strategia adatta per tutti i bambini, e, soprattutto, non senza conseguenze. Ma fino a qualche anno fa questa era la prassi”, racconta Giovanni Vento, responsabile del reparto di Terapia Intensiva Neonatale del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma. “L'intubazione tracheale, infatti, è una tecnica altamente invasiva, che può danneggiare i polmoni delicatissimi e fragili dei piccoli ed esporli a un alto rischio di infezioni. Quando un neonato nasce dobbiamo favorire nel miglior modo possibile la transizione feto-neonatale, a livello respiratorio significa agevolare la sostituzione del liquido nei polmoni con l'aria”, spiega il prof. Vento. “Una transizione che oggi viene gestita anche con manovre meno invasive che facilitano il riassorbimento del liquido polmonare, come l'insufflazione polmonare sostenuta (sustained lung inflation) e l’uso precoce della pressione positiva continua per via nasale (nasal Continuous Positive Airway Pressure, nCPAP), che possono scongiurare il bisogno di intubazione preservando la funzione polmonare.”
“Ma il grande passo avanti nel trattamento della prematurità è stato raggiunto soprattutto con l’uso più esteso degli steroidi prenatali e con l'arrivo dei surfattanti. Nel caso di Francesco, il trattamento con surfattante ha aiutato i suoi piccoli polmoni ad aprirsi, e in questi anni, anche quelli di altri milioni di neonati nel mondo, contribuendo a migliorare la sopravvivenza dei nati pretermine, specie dei piccolissimi, quelli venuti al mondo prima della 28a settimana. Quindici anni fa la sopravvivenza di questi neonati era inferiore al 70%, ora supera l'80%”, ricorda il prof. Vento, “e oggi abbiamo la possibilità di far sopravvivere bimbi nati alla 23a settimana, che pesano appena 400-500 grammi”.
Merito del progresso in medicina ed, in particolare, della ricerca in ambito neonatale che si è focalizzata per trovare soluzioni sempre più adatte ai bambini, sempre più personalizzate.
Fonte: www.repubblica.it